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Rivista di scienza


Cioccolato, quando la struttura molecolare influisce sul gusto

dalla rivista di scienza ‘Newton‘ di Maggio 2010

di Chiara Albicocco e Davide Cassi

Il cielo visto attraverso la chioma di una grande quercia.
Così il chimico Peter Fryer descrive la struttura del cioccolato. Se potessimo sbirciare l’anima di una tavoletta, vedremmo piccoli cristalli di burro di cacao e di zucchero organizzati in fitte reti intricate, proprio come i rami e le foglie compongono l’intreccio naturale delle fronde di un albero.
La disposizione fisica delle singole molecole attribuisce al cioccolato le caratteristiche organolettiche che lo rendono apprezzabile da tutti i palati. E non è solo una questione di tipologia: al latte, fondente, con le nocciole e così via. Andiamo dritti alla sostanza! A seconda di come le molecole si posizionano nello spazio, si hanno consistenze e testure differenti e, di conseguenza, anche gusti distinti.
Due cioccolatini preparati a partire dalla fusione dello stesso cioccolato  possiedono una struttura differente a seconda di come il burro di cacao e lo zucchero si dispongono, ma anche a seconda della geometria microscopica del burro di cacao.  cioccolatoE’ da pochi anni che conosciamo a fondo la struttura, o meglio le sei strutture, del cioccolato. Nel 2000 un’equipe di chimici britannici, grazie all’applicazione della diffrazione di raggi X e alle strumentazioni che analizzano le proprietà termiche dei materiali sottoposti a raffreddamento, sono riusciti a individuare le sei strutture che  può assumere  microscopicamente il burro di cacao (ved. tabella). Quest’ultimo è costituito da una miscela di trigliceridi, composti a loro volta da tre molecole di acidi grassi e da una di glicerina. Il trigliceride prende un nome differente a seconda dell’acido che lo costituisce: si chiama POP il trigliceride formato da due molecole di acido palmitico agli estremi ed una di acido oleico al centro; POS è quello composto dall’acido palmitico, oleico (al centro) e stearico; prende il nome di SOS il trigliceride costituito dall’acido oleico al centro e da due molecole di stearico agli estremi.
I pasticceri prediligono la struttura che più delle altre favorisce il rapido scioglimento quando il pezzetto di cioccolato arriva in bocca, attorno ai 32°C. La struttura, chiamata ‘Forma V’ è quella che più si avvicina a questa caratteristica. Ha una temperatura di fusione di circa 33,8°C (il valore esatto cambia a seconda della composizione esatta del burro di cacao, che varia al variare dell’origine e del tipo di cacao utilizzato) e si manifesta con quel bel aspetto lucido, estremamente piacevole alla vista e soprattutto al gusto.
Col tempo però questa struttura instabile tende a trasformarsi nella ‘Forma VI’, molto meno piacevole ma più stabile. Il cioccolato che rimane in dispensa per lungo tempo e diventa biancastro e poco gustoso rientra in questa categoria.
Ci sono accorgimenti e ‘trucchi’ per rendere il cioccolato lucido, la tecnica precisa prende il nome di temperaggio (ved. ricetta) e consiste nel portare il cioccolato a tre diversi livelli di temperatura così da raggiungere la stabilità della ‘Forma V’ e migliorarne la brillantezza e la consistenza.

Tabella: Polimorfismo del burro di cacao

Polimorfismo Punto di fusione (°C) Condizioni
Forma I

17,3

Raffreddamento rapido
Forma II

23,3

Raffreddamento rapido a 2°C, poi 1 ora a 0°C
Forma III

25,5

Solidificazione a 5-10°C
Forma IV

27,3

Solidificazione a 16-21°C
Forma V

33,8

Dopo il temperaggio. Lucida e compatta
Forma VI

36,3

Dalla Forma V  (4 mesi a temp. ambiente)

RICETTA:

Sacher sfavillante grazie al temperaggio
sacher
 - Fondere il cioccolato  ad una  temperatura massima di 40°
 - Farlo raffreddare, abbassando la temperatura a 26-27°
 - Metterlo nuovamente sul fuoco a bagnomaria per riportare la temperatura a 31°

Utilizzate ora il cioccolato ottenuto come più vi piace, o mettendolo nelle formelle per i cioccolatini, oppure, molto più scenografico, utilizzandolo per ricoprire la Sacher Torte.

 

 

Schema del procedimento

Schema del procedimento

5 commenti per Cioccolato, quando la struttura molecolare influisce sul gusto

  • CRISTIANA F.

    quante volte si può ritemperare lo stesso cioccolato prima che perda la sua lucentezza?
    grazie

  • Cara Cristiana,
    visto che è proprio il processo di temperaggio che conferisce al cioccolato la sua lucentezza, in linea di principio non ci sarebbero limiti al numero di ripetizioni. Il problema semmai è che un numero eccessivo di ritempraggi finisce con l’impoverirne gli aromi.

  • ho fatto ieri un corso sul cioccolato, e la tecnica di temperaggio che ci hanno insegnato è un po\\\’ diversa.

    prima di tutto all\\\’inizio abbiamo portato il cioccolato a 50°, poi l\\\’abbiamo diviso in due ciotole, 1/3 e 2/3.
    quella contenente i 2/3 l\\\’abbiamo versata sul marmo e lavorato con la spatola finché non ha raggiunto i 27°, quindi abbiamo versato questa massa nella ciotola contenente il terzo rimaste li abbiamo spatolati fino al raggiungimento dei mitici 32°

    le temperature sono simili, a partei 50° iniziali rispetto ai 40° che suggerisci tu, mi domandavo se lo spatolare sul marmo non avesse il vantaggio, rispetto al semplicemente rimescolamento, di fornire fluidità al prodotto e favorire ulteriormente il passggio alla forma V.

    un\\\’altra cosa che mi ha colpito è il fatto che i due diversi comportamenti, del cioccolato temperato e di quello semplicemente fuso, sono evidentissimi, a parte la lucentezza. quello temperato solidifica molto velocemente, mentre quello normale resta fluido molto più a lungo.

    comunque è una materia veramente affascinante anche per le implicazioni scientifiche, non mi viene in mente nessun\\\’altra sostanza in cui le diverse forme di cristallizzazione possibili influiscano così macroscopicamente sul risultato in cucina.

  • Fabio ALMA

    ciao la gaia celiaca. sono uno studente di ALMA se vuoi posso aiutarti a capire meglio il temperaggio del cioccolato. come ti hanno insegnato al corso in cui hai partecipato, la tecnica di spatolare il cioccolato sul marmo è giusta. per il temperaggio il cioccolato deve essere rafreddato rapidamente per formare una struttura cristallina, del burro di cacao, primaria, che andra a cambiarsi con l’ aggiunta del cioccolato caldo rimasto. questa scala di temperature è fondamentale per un buon temperaggio. un raffreddamento lento, rimestando il cioccolato in una bacinella, forma una disposizione dei cristalli errata, e molto piu instabile, con perdita di lucentezza e difficolta a staccare eventuali preparazioni, come le praline, dagli stampi di policarbonato.per la temperatura di scioglimento vanno bene anche i 50 °C l’importante è che nn superi questa soglia altrimenti brucerasti il cioccolato. un altro metodo di temperaggio che puoi provare e quello dell’ inseminazione che consiste nel sciogliere 1/2 cioccolato a 50 °C e mettere dentro l’altra 1/2 tagliato a scaglie, e farlo sciogliere completamente. certo questo tipo di temperaggio nn è molto stabile, ma va bene se le tue preparazioni verranno consumate entro la settimana. spero di esserti stato chiaro e sopratutto d’aiuto ciao

  • Marta

    Ciao a tutti,
    ho trovato per caso questo post girovagando un po’ su internet alla ricerca di approfondiemnti. Dopo aver fatto 1 lezione da un pasticcioere per la rtealizzazione di un uovo di pasqua, dove tutto è sembrato magicamente facilisssssssimo, ho provato ieri a sperimetare il mio 1° cioccolatino … ed è stato un fallimento totatle.
    Ho sicuramente sbagliato il temperaggio, ma non demordo e ci riproverò, e per questo vorrei approfittarne per sottoporvi tutti i dubbi che ieri mi hanno assalito:
    1. quando si riporta il cioccolato a 31 °C, poi nello stampo lo si mette a questa temperatura … giusto? E per quanto devo lasciarlo raffreddare prima di inserirvi la ganache? E la ganache a che temperatura dev’essere? Se la inserisco subito è ancora caldina, non rieschio di ri-fondere la camicia?
    2. una volta inserita la ganache, quanto devo lasciar raffreddare prima di realizzare i fondelli? Io ho lasciato raffreddare tutto, ma ho avuto l’imprezzione che poi i fondelli fossero non perfettatemnte un tutt’uno con la camicia …
    3. dopo quanto tempo posso provare a sformare i cioccolatini? A me a causa del temperaggio mal eseguito (credo) la sformatura è uscita male, del tipo che è stata difficoltosa e qualche cioccolatino è uscito sbocconcellato … Domanda: gli stampi in silicone vanno veramente bene, o bisogna utilizzare accortezze diverse? Mi hanno raccomandato di lavarlo bene ed è stato fatto.

    Grazie a tutti per qualsiasi dritta!
    Ho molto da imparare, ma sono volenterosa!
    Marta

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