Il gastronomo francese Grimod de la Reynière, nel suo Almanacco dei golosi del 1807, guida annuale ai ristoranti di Parigi, presenta la favolosa ricetta del “rôti sans pareil“, letteralmente “arrosto senza eguali”. Si tratta di un colossale ripieno, formato da 17 volatili uno dentro l’altro, una specie di matrioska di uccelli da cucinare.
Si comincia con un’otarda, grande uccello terricolo che può raggiungere il metro di lunghezza e pesare fino a 20kg.
Dentro l’otarda si mette un tacchino.
Dentro il tacchino un’oca.
Il ripieno dell’oca è un fagiano.
Dentro il fagiano si mette un pollo.
E dentro il pollo? Un germano reale.
Poi è una faraona che finisce dentro il germano reale.
Faraona: ripiena di alzavola, che è un tipo di anatra.
Nell’alzavola? Una beccaccia.
Quindi una pernice dentro la beccaccia.
Dentro la beccaccia un piviere.
E nel piviere si mette una bella pavoncella.
Che conterrà una quaglia.
Ripiena con un tordo.
Nel tordo? Un’allodola.
E quindi un ortolano – una specie di passerotto – che finisce dentro l’allodola.
Nell’ortolano, infine, un canapino, altro passeriforme.
A questo punto c’è solo più lo spazio per un’oliva e due capperi.
De la Reynière ci dice che si tratta di una ricetta degli antichi romani, ma davvero si può pensare di cucinare un simile arrosto? E quali problemi fisici si celano dietro alla cottura?
Ne parliamo con Davide Cassi, il nostro “fisico buongustaio”
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